martedì 16 dicembre 2014

Laboratori gratuiti all'Hangar

Domenica 21 dicembre 2014 — 15.30 
HangarBicocca, via Chiese 2, Milano 
max.20 ragazzi
90 minuti circa 
prenotazione obbligatoria qui

Manifestiamoci! 
Caratteri tipografici, disegni, fotografie si mescolano tra loro creando delle pareti che raccontano l’immaginario visivo dell’artista Céline Condorelli. Attraverso un breve viaggio in mostra e nella storia della tipografia realizziamo un manifesto che parli di noi dando libero sfogo alla creatività.

domenica 14 dicembre 2014

2A - L'aggressività

Parlando di aggressività abbiamo parlato di comportamenti. Impossibile non citare il padre dell'etologia, Konrad Lorenz.

Konrad Lorenz nasce a Vienna nel 1903. Studia medicina a New York e a Vienna, laureandosi nel 1928. Nel 1933 consegue anche la laurea in zoologia. Durante il conflitto viene fatto prigioniero dai russi. Nel 1949 viene pubblicato L’anello di Re Salomone (di cui abbiamo letto in classe un brano), destinato a rimanere la sua opera più celebre insieme a E l’uomo incontrò il cane, del 1950. Negli anni 1961-1973 è Direttore dell’Istituto Max Plank per la fisiologia del comportamento di Starnberg, in Baviera. Nel 1973 gli viene assegnato il Nobel. Lorenz estende i suoi interessi alla sfera sociale e culturale. Dall’etologia animale si passa così all’etologia umana. Il cosiddetto male, del 1963, affronta il tema dell’aggressività intraspecifica.




In questo scritto Lorenz sostiene che l’aggressività è un comportamento innato, impossibile da far derivare dai soli stimoli ambientali. L’aggressività sarebbe quindi una componente strutturale di ogni essere vivente che svolge un ruolo fondamentale nella sopravvivenza della specie.
Basti pensare alla conflittualità per la delimitazione del territorio, la scelta del partner nella riproduzione, la formazione di gerarchie all’interno del gruppo. Il libro suscitò polemiche violentissime, dato che Lorenz estese le sue riflessioni all’ambito umano.
Questo perché esistono diverse scuole di pensiero per spiegare l’aggressività della nostra specie: i comportamentisti ritengono che tutti i comportamenti derivano dalle influenze e dagli stimoli ambientali, che, modificati, modificherebbero gli stessi comportamenti. Lorenz, al contrario, considera l’istinto un dato originario, geneticamente condizionato, innato.
L’opera di Lorenz non è però un’apologia della violenza e della guerra; semplicemente mette in guardia dalle utopie che non tengono conto del funzionamento dei comportamenti innati.
Giorgio Celli, etologo e scienziato italiano che scrisse una prefazione al testo di Lorenz, distingue tra aggressività e predazione.

Giorgio Celli, etologo, entomologo e gattaro
Celli considera aggressività solo quella intraspecifica, tra membri della stessa specie.
L’aggressività interspecifica (ad esempio quella del leone con la gazzella) è invece predazione, che risponde al bisogno di sopravvivere e di nutrirsi.
Perché esiste in natura l’aggressività?
Nel mondo animale l’aggressività svolge fondamentalmente alcuni compiti:
 - tra individui maschi per assicurarsi l’accoppiamento e riprodurre il proprio patrimonio genetico
- stabilire gerarchie nel branco (come nei lupi)
 - circoscrivere un territorio che fornisce risorse preziose per la sopravvivenza.

Del primo caso di aggressività, l’esempio riportato è quello della lotta rituale tra i cervi, a suon di cornate. È lotta ritualizzata, che non ha lo scopo di uccidere l’altro maschio.
Tra i lupi, e i loro discendenti cani, la lotta ha sempre e solo lo scopo di stabilire una gerarchia, mai quello di uccidere l’avversario. Chi perde nello scontro, infatti, si mette pancia all’aria e mostra il suo punto più debole, cioè la giugulare. Solo i cani addestrati per i combattimenti arrivano ad uccidere l’avversario.
Celli racconta di un pettirosso che una volta insediatosi in un albero, reagiva in modo aggressivo nei confronti di tutti gli altri pettirossi. In questi casi l’aggressività ha una funzione utile per la sopravvivenza della specie: l’allontanamento dei rivali da un certo territorio è utile perché in questo modo gli individui che perdono sono costretti ad occupare nuovi territori, diffondendo così la specie.

Gli studi antropologici di Margaret Mead (Sesso e temperamento, 1967) su diverse società della Nuova Guinea, dicono che l’aggressività in queste società si manifestava questo modo: la tribù Arapesh risultava essere particolarmente mite; mentre i Mundugumor mostravano comportamenti fortemente aggressivi e crudeli.

L'antropologa Margaret Mead nel 1978
Negli Arapesh non c’è assenza di aggressività, bensì esiste una diversa “gestione” dell’aggressività: Margaret Mead scrive che i ragazzi arapesh vengono educati a scaricare l’ira non su altri ragazzi ma su oggetti: se due ragazzi, mentre giocano, vengono a lite, subito interviene un adulto e li separa, l’aggressore viene allontanato dal luogo di gioco e trattenuto; egli può poi battere i piedi per l’ira, gridare, rotolarsi nella sporcizia, gettare a terra pietre e ceppi di legno, ma non può toccare altri ragazzi!

Queste osservazioni suggeriscono alcune considerazioni relative all’educazione: l’educazione può incidere sulla modalità di gestione dell’aggressività e canalizzarla diversamente, impedendo di scaricarsi in forma violenta su altri esseri umani.

Come è nata la degenerazione dell’aggressività in violenza?
La spiegazione di Celli è storico-tecnologica: sta nell’invenzione di nuove armi che consentono l’ uccisione del nemico da una distanza crescente. Questo fattore ha azzerato i naturali meccanismi di inibizione, presenti probabilmente nella primitiva lotta corpo a corpo.
Per esempio, chi ha sganciato le bombe su Hiroshima e Nagasaki, oltre ad forti motivazioni ideologiche, ha dovuto semplicemente premere un pulsante: non ha visto né avuto percezione diretta e immediata delle conseguenze del suo gesto.
Esiste infine la diversità culturale nell’affrontare l’aggressività e la sua degenerazione in violenza: esistono culture che enfatizzano la competizione e la violenza, a scapito dell’empatia e della cooperazione. Per Celli è indicativo osservare i mass media e la comunicazione pubblicitaria. I mass media e la pubblicità offrono micronarrazioni mitiche che stimolano le pulsioni sessuali e aggressive. Se l’aggressività è una pulsione umana ineliminabile, bisogna interrogarsi seriamente su come questa pulsione possa essere gestita in modo non distruttivo, così come ci insegnano i nostri parenti animali!

2A - Aggressività, cooperazione, altruismo

La cooperazione è la capacità dei viventi di vivere agendo assieme. L’altruismo rappresenta invece una forma di cooperazione che non offre immediati vantaggi a chi la manifesta.
L’animale-uomo è geneticamente predisposto a interagire con i consimili. Siamo allo stesso tempo anche soggetti ad aggressività, al territorialismo, alla competizione per le risorse, all’irritabilità, a conseguire uno status gerarchico di dominanza.

Molti aspetti della cooperazione mutualistica e altruistica nell’uomo sono ancora poco chiari, e che gli studi del secolo scorso non tenevano in gran conto i dati provenienti dagli studi sull’evoluzione culturale: in altre parole, sulle modalità stesse con le quali le tradizioni, i riti, le credenze, le organizzazioni sociali e le istituzioni si siano formati nel tempo.

Noi abbiano considerato alcuni esempi tratti dal mondo animale.

LUPI 
Struttura sociale 
Il Lupo vive in branchi, unità sociali stabili, che cacciano, allevano la prole e difendono il territorio in maniera integrata e coordinata (Mech & Boitani, 2003). Generalmente il branco corrisponde ad una unità familiare che nasce quando due individui di sesso opposto si incontrano in un territorio idoneo e si riproducono. La dimensione media dei branchi è di circa 7 individui (Mech, 1970) ma può variare da un minimo di due ad un massimo di 15 nel periodo invernale (sono segnalati anche casi eccezionali con 36 individui in un branco).
I cuccioli generalmente rimangono all’interno del branco fino al primo anno di età, e man mano che si avvicinano alla maturità sessuale possono prendere due direzioni diverse: disperdersi, con lo scopo di creare un nuovo branco oppure rimanere all’interno del branco natale nella speranza di acquisire uno status di riproduttore.



Gerarchia 
La stabilità del branco viene garantita dai legami sociali che si formano tra i singoli individui attraverso un insieme di comportamenti e strumenti di comunicazione (olfattiva, visiva e acustica); questi legami seguono una struttura gerarchica in cui ogni esemplare ha una sua posizione ben precisa e di conseguenza dei privilegi maggiori o minori nelle varie attività (alimentazione, riproduzione, caccia, difesa del territorio etc.) (Mech, 1970).
Esistono due linee gerarchiche: una per i maschi e una per le femmine. Il maschio e la femmina più forti e quindi al vertice della gerarchia formano la coppia riproduttrice detta anche coppia alfa; scendendo verso il basso nella gerarchia si trovano gli altri individui subordinati.


La struttura gerarchica del branco può cambiare, attraverso soprattutto le interazioni tra gli individui che lo costituiscono ed è causata molto spesso dalla variazione dei rapporti di forza tra gli individui dovuti all’età o a problemi di salute; il capobranco è di solito il maschio dominante, che non necessariamente è il più vecchio: esso ha il controllo di tutto il branco, inclusi gli altri maschi, anche i più vecchi, che si sottomettono a lui con i tipici atteggiamenti "affettuosi" che assumono di solito i cuccioli nei confronti dei genitori.



La vita in gruppo permette la difesa del territorio, una migliore utilizzazione delle risorse alimentari e, soprattutto, condizioni più sicure per allevare i cuccioli. Possedere un territorio significa conoscerlo a fondo, perché ciò aumenta la possibilità di trovare un rifugio sicuro quando incombe un pericolo. Vivendo in gruppo, i cuccioli restano relativamente a lungo in contatto con gli adulti – di regola per un periodo superiore a un anno, e tale permanenza equivale a un apprendistato alquanto lungo. La forma di organizzazione sociale del lupo è il gruppo familiare o il branco, dove esiste una gerarchia chiaramente definita.
Il compito più importante del branco è la protezione dei cuccioli. In tale contesto, uno dei compiti tipici degli adulti è quello di avvertire i cuccioli in caso di pericolo, oppure di ricondurli sempre nella tana e nutrirli. La coppia alfa è al vertice della gerarchia, seguita dal maschio beta. La coppia alfa decide in merito alle attività vitali del branco: la caccia, gli spostamenti del branco, la difesa del territorio (marcare il territorio, ululare).

Il compito più importante della coppia alfa è però quello di regolare la procreazione all’interno del branco. Il controllo viene esercitato soprattutto da parte della femmina alfa, che impedisce alle altre femmine del branco di riprodursi. In linea di massima è sempre la femmina alfa che si riproduce. Le altre femmine del branco partecipano spesso all’allevamento dei cuccioli, mentre i lupi subadulti svolgono il ruolo di guardiani. Essi impediscono che le aggressioni fra i cuccioli e i giovani lupi debordino, prima che esse siano state ritualizzate.
La coesione interna al gruppo, la preservazione della struttura sociale, la difesa del territorio, in poche parole la sopravvivenza del branco, dipendono dalle capacità di comunicazione dei lupi. È impossibile mantenere una gerarchia in un gruppo, se non si possiede un linguaggio evoluto. I lupi hanno sviluppato un sistema di comunicazione complesso, basato soprattutto sull’espressione facciale, corporea, e dello sguardo, sulla vocalizzazione e sulle comunicazioni olfattive (urina, feci, tracce di raschiamenti con le unghie sul terreno). Succede, a volte, che membri subdominanti, p. es. le giovani femmine, vengano cacciati dal branco. Spesso capita però che siano i giovani maschi, di uno o due anni, a lasciare il branco, prima temporaneamente, poi definitivamente. Essi intraprendono una vita solitaria sino a quando hanno trovato una compagna con la quale fondare un nuovo branco.

ALTRI ESEMPI
Per lo più si tratta di relazioni utili, in termini di cooperazione e opportunismo, ma ci sono anche casi di vere amicizie, rapporti di piena parità.
I giovani maschi di babbuino spesso «adottano» piccole femmine all’età dello svezzamento e le proteggono per anni, quando queste femmine diverranno adulte più facilmente sceglieranno il loro protettore e amico per riprodursi.
I maschi di Macaca «adottano» per qualche ora del giorno piccoli che col tempo potrebbero più facilmente divenire spontanei alleati; simili fenomeni sono stati registrati anche nelle manguste e in altre specie, tra individui dello stesso o di diverso sesso.

Non mancano rapporti aneddotici di amicizie disinteressate, basate presumibilmente solo su affiatamento, consuetudine, solidarietà e lealtà. Vengono riportate abbastanza frequentemente tra gli animali domestici, che per lo più vivono in condizioni di competizione rilassata, in quanto foraggiati dall’uomo, ma anche tra i selvatici in natura (Goodall, 1986). Ricordo, in particolare, il caso di un licaone che si trattiene ad allontanare le iene da una carcassa per permettere ad un vecchio maschio malandato del suo gruppo, col quale era rimasto indietro rispetto al resto del branco, di mangiare a sazietà, trattenendosi egli stesso dal consumare la carne. Da quel vecchio maschio il giovane licaone non poteva aspettarsi molto, ma la cooperazione è così vitale per questa specie che nel branco ogni individuo ha valore. Se quel giovane maschio avesse però avuto dei cuccioli propri nel branco, probabilmente non sarebbe stato così generoso col vecchio.

1A - Cellule vegetali al microscopio

Abbiamo guardato al microscopio la pellicina (epidermide; ingrandimento 100x) della cipolla:


L’osservazione mostra cellule di forma quasi rettangolare, unite tra loro come mattonelle. Sono compattate, senza spazi tra una cellula e l'altra. I contorni delle cellule sono ben marcati e costituiscono la parete cellulare. Nel nostro campione il nucleo è poco visibile.


Guarda qui altre immagini delle cellule vegetali realizzate dai compagni negli anni scorsi: http://bredainrete.blogspot.it/2013/11/botanica-cellule-vegetali-felci-licheni.html http://bredainrete.blogspot.it/2013/10/cellule-vegetali.html

Adesso guarda quest'immagine, il manifesto della mostra FOOD che si tiene al Museo di Storia Naturale di Milano:

Cosa rappresenta secondo te?

martedì 9 dicembre 2014

1A - proprietà delle potenze

1a proprietà: il prodotto tra due o più potenze aventi la stessa base è una potenza avente per base la stessa base e per esponente la somma degli esponenti.

2a proprietà: il quoziente tra due potenze aventi la stessa base è una potenza avente per base la stessa base e per esponente la differenza degli esponenti.

3a proprietà: la potenza di una potenza è una potenza avente per base la stessa base e per esponente il prodotto degli esponenti.

4a proprietà: il prodotto tra due o più potenze aventi gli stessi esponenti è una potenza avente per base il prodotto delle basi e per esponente lo stesso esponente.

5a proprietà: il quoziente tra due potenze aventi gli stessi esponenti è una potenza avente per base il quoziente delle basi e per esponente lo stesso esponente.


La lezione completa qui: http://www.lezionidimatematica.net/Potenze/lezioni/pt_lezione_03.htm
Scarica il file.

lunedì 8 dicembre 2014

2A - Falegnami si diventa/2

Venerdì abbiamo fatto i primi passi per realizzare una cornicetta progettata con sketchup:

misure in cm



Abbiamo fatto un po' di pasticci a cui abbiamo rimediato: qualcuno ha tagliato 4 pezzi tutti uguali invece di 2 pezzi da 20 cm e 2 pezzi da 26 cm!

Scarica  gratuitamente sketchup:
http://www.sketchup.com/it